«Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora, rallegratevi»
Omelia inizio 2º anno triennio di preparazione al Bicentenario
ci siamo radunati a I Becchi, nel Santuario di Don Bosco, per l’avvio del secondo anno del triennio di preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco. Dopo averci impegnato l’anno scorso a conoscerlo più profondamente, ad amarlo più intensamente e ad imitarlo più fedelmente nella sua assoluta consegna a Dio e nella sua totale dedizione ai giovani, questo anno siamo invitati a contemplarlo come educatore e quindi ad approfondire, aggiornare ed inculturare il suo Sistema Preventivo. Dopo aver scoperto come Don Bosco si sentì inviato da Dio ai giovani, che erano per lui la sua ragione d’essere, la sua missione, la più preziosa eredità, dovremo ora riscoprire che cosa offriva loro: il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà. Ecco il suo programma educativo e il suo metodo pedagogico!
Ma per presentarvelo, lo faccio parlando a nome suo, anzi, in veste sua, come vero Successore di Don Bosco:
“Sono conosciuto in tutto il mondo come un santo che ha seminato a piene mani tanta gioia. Anzi, come ha scritto qualcuno che mi conosceva personalmente, ho fatto dell’allegria cristiana “l’undicesimo comandamento”. L’esperienza mi ha convinto che non è possibile un lavoro educativo senza questa meravigliosa spinta, questa stupenda marcia in più che è la gioia. Ti sto parlando della gioia vera, quella che nasce nel cuore di chi si lascia guidare dal Signore. La risata fragorosa, lo schiamazzo importuno sono di un momento; la gioia di cui ti parlo viene da dentro, e rimane perché viene da Gesù, quando Egli è accolto senza riserve. Ero solito affermare: “Sta’ allegro, ma la tua allegria sia quella di una coscienza monda dal peccato”. E perché i miei ragazzi ne fossero intimamente persuasi aggiungevo. “Se volete che la vostra vita sia allegra e tranquilla, dovete procurare di starvene in grazia di Dio, poiché il cuore del giovane che è in peccato è come il mare in continua agitazione”. Ecco perché ricordavo sempre che “la gioia nasce dalla pace del cuore”. Insistevo: “Io non voglio altro dai giovani se non che si facciano buoni e che siano sempre allegri”. So che qualcuno ha detto: “Se san Francesco di Assisi santificò la natura e la povertà, don Bosco santificò il lavoro e la gioia. Egli è il santo della vita cristiana operosa e lieta”. Questa frase mi piace per due motivi: sia perché mi mette accanto ad un santo simpatico e sempre attuale come è lo stupendo giovane di Assisi e sia perché l’autore della frase ha colto il segreto della mia santità: il lavoro e la gioia.
Tu lo sai: sono vissuto in tempi difficili e ricchi di forti turbolenze. Dicevo: “I nostri tempi sono difficili? Furono sempre così, ma Dio non mancò mai del suo aiuto”. La certezza nella Provvidenza di Dio spiegava il mio inossidabile ottimismo. Era una delle tante lezioni di vita che avevo imparato da mia madre.
“Don Bosco aveva per arma la bontà”: così ha scritto di me un salesiano, entusiasta e sapiente, che io avevo conosciuto quando era ancora un ragazzo e avevo confessato alcune volte. La gioia è il mio più simpatico e concreto biglietto da visita, la mia bandiera. Non una delle tante.
Li aspettavo i miei ragazzi la domenica mattina a Valdocco; era per me una festa! Quando scendevano a frotte gli spazzacamini, gli apprendisti di muratori, i garzoni dai mille lavori, venivano – è vero - per i giochi, per il pezzo di pane e la fetta di salame, per passare una giornata diversa, ma soprattutto, e io lo sapevo, arrivavano perché c’era un prete che li amava e che sapeva spendere ore e ore per farli felici.
Ti voglio rivelare un segreto: io non mi sono mai considerato un educatore che era anche prete; io ero un prete (avevo raggiunto questa meta dopo anni di sofferenze, di privazioni e di passione!) che esercitava, viveva e testimoniava il suo sacerdozio mediante l’educazione. Meglio ancora, sono divenuto educatore dei giovani perché ero prete per loro.
Lo so: qualcuno, a volte, mi presenta come l’eterno saltimbanco dei Becchi e pensa di farmi un grosso favore. Ma è un’immagine molto riduttiva del mio ideale. I giochi, le passeggiate, la banda di musica, le rappresentazioni teatrali, le feste erano un mezzo, non un fine. Io avevo in mente ciò che apertamente scrivevo ai miei ragazzi: “Uno solo è il mio desiderio: quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità”.
A questo punto capirai perché a quel meraviglioso ragazzino che è Domenico Savio io abbia indicato l’allegria come un cammino di autentica santità. E lui l’aveva capito, quando spiegava ad un compagno che era appena giunto a Valdocco e si trovava ancora completamente spaesato: “Sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri. Procuriamo soltanto di evitare il peccato, come un grande nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore e di adempiere esattamente i nostri doveri". Questo stupendo adolescente, così ricco di grazia e di bontà, non faceva altro che presentare al suo nuovo amico Camillo Gavio l’identico cammino di santità giovanile che gli avevo proposto qualche mese prima.
Fin da ragazzo, il gioco e l’allegria erano stati per me una forma di apostolato serio, di cui ero intimamente convinto. Per me la gioia era un elemento inseparabile dallo studio, dal lavoro e dalla pietà. A Francesco Besucco, un altro splendido ragazzo di cui scrissi pure una biografia, avevo suggerito: “Se vuoi farti buono, pratica tre cose e tutto andrà bene. Eccole: Allegria, Studio, Pietà”. Quando iniziai a Valdocco, avevo un sogno nel cuore: creare un clima di famiglia per tanti giovani che erano lontani da casa per lavoro o che forse non avevano mai assaporato un gesto di vero affetto. La gioia aiutava a creare questo ambiente. Faceva superare le tante strettezze della povertà e ridonava serenità a tanti cuori. So che un ragazzo di quei primi anni (divenne in seguito un ottimo prete della Chiesa di Torino, uno delle varie migliaia di sacerdoti sbocciati in questa prima casa salesiana!) ricordando gli anni “eroici“ li descriveva così: “Pensando come si mangiava e come si dormiva, adesso ci meravigliamo d’aver allora potuto spassarcela, senza talvolta patirne e senza lamentarci. Ma eravamo felici, vivevamo d’affetto”. Vivere e trasmettere la gioia era una forma di vita, una scelta cosciente di pedagogia in atto. Per me, il ragazzo era sempre un ragazzo, la sua esigenza profonda era la gioia, la libertà, il gioco. Trovavo naturale che io, prete per i giovani, trasmettessi loro la buona e allegra notizia contenuta nel Vangelo. Chi possiede Gesù vive nella gioia. E non l’avrei potuto fare con il volto arcigno e i modi scostanti e bruschi. I giovani avevano bisogno di capire che per me l’allegria era una cosa tremendamente seria! Che il cortile era la mia biblioteca, la mia cattedra dove ero al tempo stesso insegnante e allievo. Che la gioia è legge fondamentale della giovinezza. Capisci adesso l’importanza che io davo alla celebrazione delle feste, sacre o profane che fossero: esse possedevano una enorme carica pedagogica e finivano per parlare al cuore, Valorizzavo il teatro, la musica, il canto. Organizzavo nei minimi dettagli le celebri passeggiate autunnali. Ricordo ancora come se fosse oggi: entravamo nei paesi con la banda in testa, eravamo accolti dai parroci, dai signori del luogo che ci assicuravano alloggi di fortuna e il vitto quotidiano. Le giornate erano intense: visite a personaggi di riguardo, celebrazioni mattino e sera, esibizioni della banda musicale, spettacoli teatrali su palchi improvvisati nella piazza principale. E risate a non finire. Risate che lasciavano un ricordo di gioia serena. Mostravo ai ragazzi e, di riflesso ai buoni paesani, che “il servire a Dio può andar bellamente unito all’onesta allegria”.
Nel 1847 stampai un libro di formazione cristiana, Il Giovane Provveduto. L’avevo scritto rubando tante ore al sonno. Le prime parole che i miei ragazzi leggevano erano queste: “Il primo e principale inganno con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù è far loro venire in mente che il servire il Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiana, che vi possa nel tempo stesso rendere allegri e contenti, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri… Tale appunto è lo scopo di questo libretto, servire al Signore e stare allegri”.
Come vedi, per me la gioia assumeva un profondo significato religioso. Nel mio stile educativo c’era una equilibrata combinazione di sacro e di profano, di natura e di grazia. I risultati non tardavano ad apparire, tanto che in alcune note autobiografiche che fui quasi obbligato a scrivere potevo asserire: “Affezionati a questa mescolanza di divozione, di trastulli, di passeggiate, ognuno mi diveniva affezionatissimo a segno, che non solamente erano ubbidientissimi ai miei comandi, ma erano ansiosi che loro affidassi qualche incombenza da compiere”.
L’esperienza mi aveva convinto che “un santo triste è un santo che non affascina, che non convince”. Io parlavo di gioia, non di incoscienza o superficialità. La gioia, per me, sfociava dritta dritta nell’ottimismo, nella fiducia amorosa e filiale in un Dio provvidente; era una risposta concreta all’amore con cui Dio ci circonda e ci abbraccia; era anche risultato dell’accettazione coraggiosa delle dure esigenze della vita. E lo dicevo con una immagine:”Per cogliere le rose, si sa, s’incontrano le spine; ma con le spine vi è sempre la rosa”.
Non mi accontentavo che i giovani fossero allegri; volevo che essi diffondessero intorno a sé questo clima di festa, di entusiasmo, di amore alla vita, Li volevo costruttori di speranza e di gioia. Missionari di altri giovani mediante l’apostolato dell’allegria. Un apostolato contagiante.
Insistevo: “Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto”. E con questa semplice espressione, raccolta spesso dalle labbra di mia madre, indicavo una prospettiva che andava al di là delle fragilità e contingenze umane; aprivo uno spiraglio di futuro, di eternità, insegnavo loro che “le spine della vita saranno i fiori per l’eternità”.
Ecco, carissimi fratelli e sorelle, quanto mi stava a cuore condividere con voi oggi per stimolare il vostro impegno e dedizione a contemplare Don Bosco educatore e ad offrire i giovani il Vangelo della Gioia attraverso la Pedagogia della Bontà.
Don Pascual Chávez V., SDB
Colle Don Bosco – 16 Agosto 2012
C'è da non crederci! ...e tu... ci credi?!
Santa Messa in onore di
San Giovanni Bosco;
Ore 20.30
Spettacolo musicale
"C'è da non crederci"
(ingresso gratuito)
Istituto San Francesco di Sales,
Via Cifali,7 , Catania, Italy_
UN "DOODLE" PER DON BOSCO
un saluto cordiale dai Gruppi della Famiglia Salesiana e dalle migliaia di ragazzi, ragazze e giovani amici di Don Bosco, presenti in 131 paesi.Il prossimo 31 gennaio sarà la festa di San Giovanni Bosco, sacerdote e santo educatore cattolico e ci piacerebbe poter vedere per quel giorno un doodle di Don Bosco sul vostro portale Google.com.Don Bosco era un sacerdote torinese, di origine contadina, che dall’esperienza della povertà nel XIX secolo ha sviluppato una vocazione al servizio e all’intimità con Dio che lo ha portato a dare la sua vita per i giovani poveri e abbandonati.Come sacerdote ha creato tutta una serie d’iniziative educative, nella convinzione che l’uomo che ragiona e che viene educato è un uomo libero. È stato uno dei primi a scrivere contratti per giovani apprendisti che rispettassero gli orari di lavoro e i giorni di riposo, nei quali i lavoratori potessero studiare, rilassarsi ed esprimere la propria fede in Dio. Si trovava ben oltre le ideologie che si fronteggiavano in quel tempo: il liberalismo capitalista e il comunismo marxista.Di fronte alla condizione degli orfani e alla situazione di abbandono nella quale la Prima Rivoluzione Industriale aveva gettato tanti giovani, creò ambienti d’incontro amichevole e propositivi, che chiamò Oratori, convinto che la gioia non è incompatibile con l’amicizia con Dio. Progettò anche uno stile di relazioni educative basate sullo spirito di famiglia che, alimentato dalla sua amicizia con Dio, lo teneva sempre allegro e creava relazioni inclusive in tutta la Comunità Educativa.“L’educazione è cosa del cuore” era solito dire e chiamò il suo metodo educativo “Sistema Preventivo”, perché attraverso l’esercizio della ragione, della bontà e della religione riusciva ad allontanare i castighi dall’ambiente educativo e ad incoraggiare una crescita libera e convinta nei valori.Incoraggiò i laici del suo tempo a vivere un progetto di santità impegnato nelle esigenze sociali, culturali ed economiche poste dalla società industriale. Oggi quasi 30 i gruppi, costituiti da religiosi, laici, uomini e donne, giovani e adulti, formano la Famiglia Salesiana. La missione è la stessa: mostrare ai giovani di oggi, negli scenari delle nuove povertà, la vicinanza e l’amore di Dio.Su www.sdb.org vedrete come la realtà salesiana sia presente nei cinque continenti, in 131 paesi e in tutti gli strati sociali, sviluppando varie iniziative che educano e preparano al lavoro qualificato, formano alla cittadinanza responsabile, creano spazi di socializzazione e di espressione artistica e, soprattutto, favoriscono l’incontro privilegiato con Dio, identificato quale Padre nella vita, e testimoniano Gesù Cristo che vive nella Chiesa.Grazie, voi siete quelli che rendete possibile pensare globalmente pur sentendo localmente. I SALESIANI DI TUTTO IL MONDO..
Strenna 2011 - Commento
«Venite e vedrete» (Gv 1,39)
Inaugurazione attività oratoriane
Anno Pastorale 2011/2012
Programma:
ore 10.00 Santa Messa;
ore 11.00 giochi a stand;
ore 13.00 pranzo a sacco;
ore 14.00 pomeriggio sportivo;
ore 17.00 castagnata;
ore 18.00 saluti
Vi aspettiamo all'Oratorio Centro GIovanile San Francesco di Sales
Viale Mario rapisardi, 58 - Catania
Buon Grest!
Don Gianni Mazzali
Buon grest e buona estate!
Messaggio del Rettor Maggiore ai giovani del MGS 2011
vi saluto e vi confido la mia immensa gioia nell’inviarvi questo messaggio. Sono parole e sentimenti che raccolgo davanti al Signore Gesù, Buon Pastore. Al suo cuore misericordioso chiedo che illumini la vostra mente, riscaldi il vostro cuore e riempia di senso e dinamismo la vostra vita.
Ogni giorno vi porto nel cuore e prego incessantemente per voi; sì, prego per voi, perché rimanere unito a Cristo e donarmi totalmente a voi è l’orientamento profondo della mia vita. In questo senso prego sempre per voi e quando, visitando le case salesiane sparse nel mondo, incontro i vostri volti, gioisco e benedico il Signore. Nei vostri occhi luminosi e gioiosi leggo una grande voglia di vivere e un desiderio nascosto di fare della vostra vita qualcosa di bello. Naturalmente vi ponete la domanda: che cosa e come fare? Mi colpisce come molti di voi siano ancora incerti e confusi; e so molto bene che non vi aspettate certo qualcosa da teorie e programmi. Per rispondere alla vostra domanda, allora, non posso fare altro che parlarvi con il cuore del nostro padre Don Bosco. È lui che ora vi parla attraverso di me, è lui che si prende cura della vostra vita presente e di quella futura, perché vi vuole felici su questa terra e per sempre.
Vorrei farvi conoscere, Cari Giovani, ciò che mi ha fatto capire, in maniera ogni giorno più profonda, il senso della mia vita. Questo, per me, è scaturito ed ha trovato sviluppo attraverso l’incontro con una persona “viva”.
Questa è stata per me, anzitutto, mia mamma Margherita. Quando contemplavamo insieme un bel campo di grano maturo, ella mi diceva: «Ringraziamo il Signore, Giovannino. Egli è stato buono con noi. Ci ha dato il pane quotidiano». Dopo aver raccontato a lei il sogno che avrebbe segnato la mia vita, con l’intuizione che solo il cuore di una madre può percepire, esclamò: «Chissà che non abbia a diventare prete». Parole semplici, che mi facevano capire che Dio mi aveva sognato, che Dio aveva per me un sogno da realizzare, un disegno, un progetto meraviglioso, una storia d’amore che misteriosamente e silenziosamente stava tessendo dentro di me: consegnare la mia vita ai giovani, per loro e con loro. Tutto questo mi faceva sognare in grande.
Il senso religioso della vita mia mamma non me lo insegnava soltanto a parole, ma anche e soprattutto con i suoi esempi, come quando, svegliata dai vicini in piena notte, per soccorrere un malato grave, si alzava e in tutta fretta correva a portare il suo aiuto. La stessa prontezza e lo stesso amore mostrava quando al mendicante che bussava alla porta, non negava mai un pezzo di pane o una minestra calda. Ho appreso così che non basta sognare, ma che bisogna pagare un prezzo perché i sogni diventino realtà. Da lei ho imparato i gesti della religiosità semplice, l’abitudine alla preghiera, al compimento del dovere, al sacrificio. La sua presenza amorosa mi ricordava che la vita è il dono più prezioso che Dio ci ha donato e che dobbiamo ridargliela ricca di frutti e di opere buone.
Lungo la mia vita, soprattutto quando dovevo prendere decisioni importanti, ho incontrato altre persone, illuminate dallo Spirito, che mi hanno aiutato a capire che la vita è vocazione e impegno di donazione, e mi hanno guidato nell’ascolto della chiamata del Signore e nell’accoglienza della missione che Egli mi affidava. Questa esperienza personale mi ha fortemente convinto dell’importanza, per i giovani, di trovare un ambiente dove si respirano e si vivono i grandi valori umani e cristiani, come pure l’importanza di incontrare adulti significativi, delle guide spirituali capaci di incarnare i valori che proclamano, presentandosi come testimoni credibili e modelli di vita. All’oratorio di Valdocco, il clima di famiglia che avevo creato non era quello di una serra calda, di un nido, dove i timidi e i freddolosi potessero sentirsi a loro agio, senza liberarsi della loro visione ristretta della vita. No! Valdocco era un laboratorio dove si elaborava cultura vocazionale. Io guidavo i miei figli alla loro reale maturazione di uomini e di cristiani secondo lo spirito di libertà del vangelo, facendo in modo che diventassero “persone-per-gli-altri”. Le vigorose personalità cresciute a Valdocco ne sono la prova: da Domenico Savio a Michele Magone fino ai pionieri missionari: Cagliero, Lasagna, Costamagna, Fagnano; e poi Rua, Albera e Rinaldi, miei primi successori, e tante altre figure di alto rilievo, sacerdoti e salesiani coadiutori, religiosi e laici impegnati nella società e nella Chiesa. Si respirava un’aria vocazionale, un desiderio di fare della vita un dono grande alla Chiesa e alla società. Dopo di me molti altri salesiani e laici della Famiglia Salesiana hanno fatto questa stessa esperienza nelle loro case.
Anche voi, giovani, potete incontrare persone di riferimento in famiglia o nell’ambiente che vi circonda. Ci sono persone stupende, ricche umanamente e capaci di vivere e testimoniare una profonda spiritualità. Ad esse voi potete guardare come modelli concreti per la vostra vita. Sono sacerdoti, persone consacrate, laici e laiche che vivono con gioia la pienezza del battesimo. Guidati dallo Spirito e in ascolto della Parola di Dio, sono stati capaci di sviluppare la loro vita cristiana fino a fare delle scelte di vita coraggiose ed impegnative. Sono diventati così testimoni autentici di Cristo nella Chiesa e nella società.
Queste persone sono, per voi, un po’ come Giovanni Battista, testimoni e mediatori dell’incontro con Gesù. Il Battista infatti additò Gesù di Nazareth ai suoi discepoli come Colui che poteva appagare i desideri più profondi del loro cuore, Colui che poteva riempire di senso e di gioia la loro vita, colui che era veramente “la via, la verità e la vita”. I testimoni di oggi, quelli che incontriamo nel nostro cammino, sono “i nostri Giovanni Battista”. Coloro che, ancora una volta, ci indicano il Signore della Vita!
Accade così che non solo il cammino dei credenti, ma la vita di ogni uomo incrocia in un preciso momento il volto e lo sguardo di Gesù e questo incontro può essere decisivo. Dall’incontro con Gesù di quei primi discepoli sino ad oggi, l’invito ha “catturato” molti giovani, uomini e donne. «Abbiamo trovato il Messia» testimonierà Andrea a suo fratello Simone. «Abbiamo trovato Colui del quale hanno scritto Mosè e i profeti, Gesù di Nazareth», confesserà Filippo a Natanaele. «Da chi andremo? Solo Tu hai parole di vita eterna» gli dirà Pietro. Per tutti è stato, è e sarà un incontro che segna tutta la vita. Uno dei discepoli di Giovanni ricorda addirittura l’istante preciso dell’incontro con Gesù: «Erano circa le quattro del pomeriggio».
A voi, come a loro, Gesù rivolge la domanda di fondo: «Che cercate?», o ancora meglio «Chi cercate?». Si rimane vincolati da questa domanda che, penetrando il cuore, va a scandagliare le profondità della nostra esistenza: non si può sfuggire o rimanere indifferenti. Il mistero della grazia, poi, muove i nostri atteggiamenti facendoci mendicanti di risposta: «Maestro, dove abiti?». «Venite e vedrete», è la risposta di Gesù. Ed essi andarono, videro dove abitava e quel giorno rimasero con lui. Un incontro, un rapporto personale di amicizia che riempie il cuore e trasforma la vita, oggi come allora. Tutti coloro che lo incontrano, che lo seguono vengono fortemente colpiti dalla profondità e dalla pienezza della sua vita. Una vita che è stata e rimane per sempre il modello di una vocazione vissuta con assoluta fedeltà a Dio e agli uomini.
Quando vi chiedete, cari giovani, «cosa fare per dare un senso pieno alla vita?», guardate a quell’Uomo che ci ha amati fino a consegnare totalmente se stesso per noi. È Lui il modello di ogni progetto di vita e la risposta fedele e piena ad ogni vocazione, perché è un Uomo intensamente unificato attorno ad un punto focale. In Lui tutto – ogni energia fisica, psichica, intellettuale, affettiva, volitiva – è concentrato attorno ad un nucleo che attira ed armonizza tutto ciò che Egli ha e tutto ciò che Egli è. Non è un “uomo farfalla” che si muove costantemente da un fiore all’altro nella ricerca di una bellezza effimera, ma è un “uomo roccia”, solidamente ancorato a un punto centrale di radicamento che unifica e armonizza la sua vita con la volontà del Padre, che orienta ogni suo gesto e ogni sua parola, che riempie la sua azione e la sua preghiera. Questo punto unificante attorno al quale si concentra tutta la sua persona è il suo grande sogno, un progetto di vasto respiro, la sua vocazione.
Una delle parabole da lui raccontate, quella dell’uomo che, mentre sta arando un campo, trova un tesoro e vende tutto ciò che ha per potersene impadronire, descrive molto bene la sua condizione personale: davvero quel sogno gli ha rapito il cuore perché, come egli stesso dice: “là dove è il tuo tesoro ivi è il cuore”.
Gesù vive con autentica passione la sua dedizione al sogno che porta nel cuore: la predicazione e la costruzione del Regno di suo Padre, che vuole che tutti gli uomini siano salvi e raggiungano la pienezza di vita. La sua non è un’esistenza vissuta nel qualunquismo o nell’indolenza. È invece un’esistenza vissuta con intensità incontenibile. È una vita piena di slancio e di dinamismo. Le sue parole non lasciano dubbi: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!». L’immagine del fuoco è molto espressiva, e dice dell’ardore con cui Egli persegue la causa che ha abbracciato.
Questo fuoco è lo Spirito Santo che ci fa nuovi, prima di tutto nella preghiera. Il frutto dello Spirito Santo è l’amore che si manifesta nella pace dentro di noi, nella gioia del nostro ambiente e nel dinamismo della nostra vita. Rinnovati dallo Spirito, diventiamo persone realizzate: pazienti, fedeli, impegnate.
Questo stesso fuoco, cari giovani, deve riscaldare il vostro cuore, oggi.
Non potete rassegnarvi a vivere la vostra vita come se fosse un semplice ciclo biologico (nascere, crescere, riprodursi e morire); non potete impostare la vostra esistenza come una vita priva di energia, anemica, senza passione nei riguardi di Dio e del prossimo. Non potete sprecare la vostra vita riducendovi al ruolo di consumatori e spettatori. Voi siete chiamati a diventare protagonisti nella società e nella Chiesa: «voi siete il sale della terra e la luce del mondo», direbbe Gesù.
La decisione di seguire Gesù in modo radicale si gioca tutta sulla scommessa di potersi innamorare di Dio e spendersi per l’uomo, specialmente il più povero e abbandonato.
Sì, cari giovani! “Oggi” Dio ha bisogno di voi per “rifare” il mondo. Ogni uomo, ogni donna ha un sogno per cui vivere e di cui parlare. Io, mosso dallo Spirito di Gesù, ho sempre coltivato ed ancor oggi coltivo il mio sogno: un vasto movimento di adulti e giovani che sia profezia di questo nuovo mondo. Un mondo in cui ogni uomo possa ottenere giustizia. Un mondo in cui al centro ci siano i “piccoli”, gli ultimi. Un mondo in cui le persone siano, fra loro, fratelli e sorelle. Questo nuovo mondo può prendere forma, farsi reale, se seguite Gesù, se prendete a cuore le sue parole e realizzate così il sogno di Dio.
Tutti insieme possiamo dare vita ad un grande Movimento salesiano teso ad aiutare i giovani, soprattutto i più poveri ed in difficoltà, progettando il presente e il futuro, puntando ad obiettivi importanti per il rinnovamento di noi stessi e degli altri, contribuendo in maniera significativa al cambiamento del mondo e della storia. La Famiglia Salesiana vuole assumere questo impegno come una vocazione e una missione speciale. E voi, cari giovani, in questa Famiglia dovete sentirvi a casa vostra, sapendo che siete la gioia e il frutto più maturo del nostro lavoro.
Nella Chiesa e nella Famiglia Salesiana ci sono diverse vocazioni, ma sempre l’opera educatrice ed evangelizzatrice, alla quale siamo chiamati, affonda le sue radici nella profondità e nella tenerezza dell’amore di Dio, giunge a noi attraverso l’amore di dedizione di Cristo e si trasmette all’umanità attraverso la totale dedizione ad altri uomini e donne. La vocazione non è mai una fuga da una realtà ostile, percepita come difficile o deludente, e neppure una scelta che abbia come primo obiettivo l’efficacia apostolica, ma è piuttosto un cammino d’amore che porta verso l’Amore. E dall’esperienza fondamentale di un amore che si pone come unico ed esclusivo, scaturisce un modo nuovo di vedere ed affrontare la realtà. Il cuore purificato dalla donazione a Dio e dallo Spirito Santo, diventa capace di leggere l’interna bellezza di ogni creatura e di amarla disinteressatamente. È la misericordia stessa di Dio che si impadronisce del cuore umano e si prende cura di ogni dolore, di ogni debolezza.
Io prego per voi, Cari Giovani, perché ancora oggi molti di voi si lascino sedurre, affascinare da Dio a tal punto da donarsi totalmente a Lui. Se vi mettete a servizio dell’Amore non vi mancheranno gioie profonde. Sono le gioie della fecondità che viene dalla intimità con Dio e dalla fatica dell’operaio che vive solo per la causa del Regno.
Prego anche per i miei figli diletti, i Salesiani, perché possano vivere con gioia e fedeltà la grande avventura della paternità spirituale. Possano essere le vostre guide competenti nella ricerca di senso e nell’elaborazione del vostro progetto di vita; fratelli sinceri che si fanno vostri compagni di viaggio e vi spezzano la Parola di Dio che dà vita, illumina, conforta nel faticoso cammino. La Parola che apre alla preghiera e riaccende il fuoco segreto che portiamo nel cuore. Senza questa capacità contemplativa la nostra vita spirituale e apostolica non regge. Siate, Cari Salesiani, guide illuminate per coloro che chiedono una direzione spirituale e che praticano la vita sacramentale ed ecclesiale; maestri sapienti e pazienti per chi si impegna nella ricerca della propria vocazione.
Prego, in particolare, perché lo Spirito Santo susciti operai zelanti, creativi, capaci di andare incontro a tutti quei giovani che oggi non bussano più alle porte della Chiesa. Si tratta di giovani che, sulla loro strada verso la stella, vorrebbero incontrare dei magi piuttosto che gli scribi di Gerusalemme; giovani che non ci chiedono ancora che cosa bisogna credere, ma piuttosto che cosa significa credere. Per tutto questo è necessario un vero cambio di prospettiva pastorale.
Carissimi Giovani e amatissimi Salesiani, poniamo sotto lo sguardo materno di Maria la nostra vita come vocazione e la nostra missione educativa. Maria è stata Colei che si è fatta discepola del Signore, in ascolto continuo, nel cuore e nella vita, della Parola di Dio. È stata Colei che ha risposto alla chiamata di Dio con il dono totale, coraggioso e libero, di se stessa: «Ecco la serva del Signore». Da Lei, donna nuova, maestra di fede e di stupore, la Famiglia Salesiana impara ad essere discepola del Signore e “Madre”, che, nell’amore, genera ed educa i giovani alla donazione generosa della propria vita per raggiungerne la pienezza.
Torino, 31 gennaio 2011
Strenna 2010
In occasione del centenario della morte di don Michele Rua, fedelissimo a Don Bosco e al suo carisma, vorrei invitare tutta la Famiglia Salesiana ad agire come un vero movimento di discepoli ed apostoli di Gesù e ad impegnarsi nell’evangelizzazione dei giovani.
L’impegno evangelizzatore è il frutto e la conseguenza dell’identità del discepolo del Signore Gesù che, seguendolo, diventa suo ardente missionario. Vogliamo così assumere la sfida di aiutare i giovani «a guardare gli altri non più soltanto con i propri occhi e con i propri sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo»[2]
La Strenna 2010 prende spunto dall’anno paolino appena concluso e dal Sinodo sulla Parola, durante il quale ho fatto un intervento sul brano lucano dei discepoli di Emmaus, visto come modello, sia per i contenuti che per i metodi, di evangelizzazione dei giovani.
"Signore, vogliamo vedere Gesù"
A imitazione di Don Rua,
come discepoli autentici e apostoli appassionati
portiamo il Vangelo ai giovani
Già numerosi gruppi della Famiglia salesiana si trovano in sintonia con questo impegno. A titolo di esempio vi segnalo due passi dei Capitoli generali degli SDB e delle FMA.
Il Capitolo generale XXVI dei salesiani è consapevole dell’urgenza di evangelizzare e della centralità della proposta di Gesù Cristo: «Avvertiamo l’evangelizzazione come l’urgenza principale della nostra missione, consapevoli che i giovani hanno diritto a sentirsi annunciare la persona di Gesù come fonte di vita e promessa di felicità nel tempo e nell’eternità»[3]. Nostro «compito fondamentale risulta dunque quello di proporre a tutti di vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta Gesù. […] Centrale deve essere l’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo, insieme con l’appello alla conversione, all’accoglienza della fede e all’inserimento nella Chiesa; da qui poi nascono i cammini di fede e di catechesi, la vita liturgica, la testimonianza della carità operosa»[4].
Il Capitolo generale XXII delle Figlie di Maria Ausiliatrice riconosce poi che è l’Amore di Dio che ci spinge: «Il cenacolo, il luogo dove gli apostoli si trovano tutti insieme, non è una dimora stabile, ma una base di lancio. Lo Spirito li trasforma da uomini paurosi in ardenti missionari che, pieni di coraggio, portano per le vie del mondo il lieto annuncio di Gesù Risorto. L’amore spinge all’esodo e ad uscire da sé verso le nuove frontiere per farsi dono: l’amore cresce attraverso l’amore.[5] Maria, che dal cenacolo insegna a spalancare le porte, è stata la prima a vivere l’esperienza dell’esodo e a mettersi in viaggio. La prima evangelizzata è diventata la prima evangelizzatrice. Portando Gesù agli altri, ella offre il suo servizio, reca gioia, fa sperimentare l’amore»[6].
Suggerimenti per l’attuazione della Strenna
Ecco alcuni passi utili per fare in modo che i gruppi della Famiglia Salesiana si impegnino insieme a portare il vangelo ai giovani. Ciò è proposto ai singoli gruppi, ma anche alle Consulte locali e ispettoriali della Famiglia salesiana.
1. Approfondire nelle Consulte locali ed ispettoriali, con un’adeguata riflessione, il ripensamento della pastorale, in modo che risultino operative le scelte riguardanti la centralità della proposta di Gesù Cristo, la testimonianza personale e comunitaria, l’apporto reciproco di educazione ed evangelizzazione, l’attenzione alla diversità dei contesti, il coinvolgimento delle famiglie.
2. Individuare nelle Consulte locali ed ispettoriali, a partire dalla “Carta della missione della Famiglia salesiana”, le modalità per fare insieme delle esperienze di evangelizzazione dei giovani.
3. In particolare, suscitare la collaborazione di Famiglia salesiana, a livello ispettoriale e locale, per realizzare la missione giovanile, come forma aggiornata di annuncio e catechesi, coinvolgendo i giovani stessi come evangelizzatori dei loro coetanei.
4. Valorizzare le Esortazioni apostoliche a conclusione dei Sinodi continentali, per individuare le priorità e le forme specifiche del proprio contesto per l’evangelizzazione dei giovani. Nel caso dell’America Latina, aderire alla “Missione continentale” programmata dall’Assemblea dei vescovi tenutasi ad Aparecida; nel caso della Regione Africa e Madagascar, seguire le indicazioni del prossimo Sinodo dei Vescovi.
Don Pascual Chávez Villanueva
Rettor Maggiore
Roma, 2 giugno 2009
commento_alla_strenna.doc | |
File Size: | 186 kb |
File Type: | doc |
Interventi del Rettor Maggiore alla Festa MGS Sicilia 2009
primo_intervento_rm_-_mattina_29_nov_09.zip | |
File Size: | 9 kb |
File Type: | zip |
omelia__rettor_maggiore_festa_giovani_mgs_sicilia.zip | |
File Size: | 6 kb |
File Type: | zip |
intervento_rm_domenica_pomeriggio.zip | |
File Size: | 11 kb |
File Type: | zip |
VISITA DEL RETTOR MAGGIORE IN SICILIA:
"In mezzo a voi mi sento come Don Bosco"
Nella riflessione Don Pascual ha detto parole di speranza dinanzi alla mancanza di fiducia, di futuro e di certezze che spesso sono il vissuto quotidiano di adolescenti e giovani. Per rispondere con speranza a queste problematiche gli educatori devono seguire l’esperienza di Don Bosco, puntando sul dare fiducia, sul creare relazioni significative, sulla consapevolezza che sono i giovani stessi a dover cambiare lo scenario della storia forti dei propri talenti e non altri. Il futuro si costruisce a poco a poco e gli adulti sono dei compagni di viaggio per una generazione di nuovi uomini e donne che cambi la società. In particolare il Rettor Maggiore ha chiesto ai presenti di essere lievito nella terra ferita di Sicilia e l’impegno a trasformarla alla luce del Vangelo. Don Chavez ha poi ascoltato e risposto alle domande degli animatori, sempre con grande attenzione, schiettezza, concretezza. Ha parlato della sua vocazione, nata dalle preghiere della madre e ha emozionato tutti dicendo “è tanto bello essere salesiano che, se rinascessi di nuovo, sarei salesiano”. Ha raccontato del suo incontro giornaliero con Don Bosco attraverso le “Costituzioni”, la condivisione dello stesso progetto di vita e la missione. “Lì – ha detto – trovo la sua mente, il suo cuore, le mani, i piedi”. Don Bosco, infatti, guardava tutto e sempre nella prospettiva dei giovani con mente pastorale; aveva un cuore attento a tutti i loro bisogni, generoso e fantasioso; aveva “mani pastorali”, mani di un sognatore, di un realizzatore di sogni, di un costruttore nella vigna del Signore; anche i suoi piedi erano “pastorali” perché andava a trovare i ragazzi senza assolutizzare le opere e le strutture. Come Don Bosco, oggi, a tutti i salesiani è richiesto di essere persone centrate in Cristo, di alta sensibilità sociale, di curare la dimensione del gruppo e della comunità, di creare un ambiente attraente così come attraente è il volto di Gesù. Dopo una bella foto di gruppo, saluti, interviste televisive, c’è stato il momento del pranzo insieme agli animatori e poi lo spostamento nel pomeriggio a Zafferana Etnea presso la struttura salesiana “Albergo del bosco Emmaus” per incontrare i consigli dei gruppi della Famiglia Salesiana di Sicilia e le comunità SDB e FMA. Con loro ha parlato di Don Rua come di una “figura gigantesca”, amata e apprezzata, di un autentico cofondatore della Famiglia Salesiana.
Guardando a lui, tutti i salesiani sono chiamati a “fare a metà” con Don Bosco, e ciò vuol dire lavorare moltissimo e soffrire moltissimo, poiché ciascuno è chiamato ad essere Don Bosco laddove si trova, giorno per giorno; con forza ha detto: “così i successori di Don Bosco saremo tutti”. In tal senso è necessario essere fedeli a Don Bosco, con una fedeltà dinamica e feconda, perché la Famiglia Salesiana è un movimento spirituale apostolico per la salvezza dei giovani. Il Rettor Maggiore ha sostenuto la necessità di prendere sul serio la propria vocazione, di esserne convinti, di amarla per poter invitare anche altri. Ha detto: “Siamo espressione dello Spirito Santo, dunque ciascuno di noi è un dono, guidato dalla Spirito. Bisogna lasciare che sia lo Spirito Santo a farci sapere che cosa Dio vuole da noi”. Poi ha richiamato tutti a riscoprire le carte della comunione e della missione della Famiglia Salesiana, al fine di puntare a realizzare percorsi comuni soprattutto in favore della famiglia con azioni concrete nel civile, per un’educazione che punti a formare la persona umana e ad evangelizzare in modo esplicito. Dopo le domande dell’assemblea e le risposte chiarificatrici e puntuali di Don Chavez, sono stati celebrati nella cappella i Primi Vespri di Avvento a cui ha fatto seguito la “Buonanotte” ricca dell’esperienza personale vissuta nella anno in corso grazie al dono di poter pregare sulle tombe degli Apostoli Paolo, Tommaso e Giacomo. Cuore della visita in Sicilia del successore di Don Bosco è stata la festa del Movimento Giovanile Salesiano che si è tenuta il 29 per l’intera giornata presso il “PalaCatania”. La grande struttura è stata riempita del tutto da circa 5000 adolescenti e giovani provenienti da tutta la Sicilia, dalle loro voci, colori, sguardi, sorrisi, canti, danze, giochi, silenzi d’attenzione, messaggi forti, abbracci, incontri vecchi e nuovi, preghiere. L’evento, dal tema “Un sogno…che continua con Te”, è stato pensato per celebrare il 150° anniversario della Congregazione e organizzato con cura dalla Consulta regionale MGS, guidata da Don Marcello Mazzeo e Suor Assunta Di Rosa. “Io ci sto”, “Noi ci stiamo”, così recitava lo spot di presentazione della giornata, e la risposta è stata reale e concreta sin dalla prime battute dei partecipanti agli inviti dei bravi presentatori e poi dello stesso Don Chavez appena arrivato. Nel saluto iniziale, dopo la presentazione coreografica dei gruppi della Famiglia Salesiana presenti in Sicilia, ha detto che Don Bosco, pur avendo avuto collaboratori adulti e preti straordinari, ha voluto fondare la Congregazione con i giovani e la storia gli ha dato ragione. Un gruppo di ragazzi nel 1859 ha scelto, infatti, di restare con lui per sempre abbandonando altri sogni o progetti, ora l’invito a restare con Don Bosco è rivolto ai tutti i partecipanti. Ha ricordato che la Famiglia Salesiana è riconosciuta come la più grande e presente agenzia educativa al mondo (132 paesi), raggiungendo ogni giorno circa 15 milioni di persone; che il più giovane Santo della storia della Chiesa, non martire, è San Domenico Savio, per non parlare poi di Laura Vicuña, Zefirino Namuncurà, dei cinque martiri polacchi. Con voce forte il Rettor Maggiore ha detto: “La scommessa di Don Bosco è andata bene. Il suo sogno era ed è di vedere i giovani felici ora e nell’eternità. Questo sogno continua ancora oggi e soprattutto a favore dei più deboli”. Quali sono dunque le chiavi per la felicità? Innanzitutto imparare ad avere una visione positiva di se stessi, della famiglia, della società, cominciando a vedere quanto c’è di buono, bello, vero in sé e negli altri; pensare positivo potrà aiutare ciascuno ad essere felice e ad affrontare la vita con responsabilità. Un’altra chiave è l’educazione stessa, vista come arte di sviluppare la persona nella sua interezza per affrontare la vita, per cambiare il mondo a partire da se stessi, facendo delle scelte oggi in modo responsabile. Tutto questo è importante ma – afferma Don Chavez - ancor di più essere consapevoli che “colui che può appagare la nostra felicità, la sete di essere felici, è solo Cristo Gesù. E’ l’unico che può garantire una vita piena, scoprendo che l’amore è la maggiore energia del cuore umano. (…) Gesù non vi deluderà! Avendo incontrato Lui non c’è altro da cercare, solo da testimoniare”. Parole forti e decise, messaggi chiari e ascoltati con particolare attenzione dai giovani presenti e dagli educatori, spezzati solo da forti applausi e concluse con un urlo di gioia alle parole finali “Vi voglio tanto bene come Don Bosco”. Finito l’intervento, è ripresa l’animazione curata da gruppo CGS Life di Biancavilla e poi la preparazione della Concelebrazione Eucaristica. Nell’omelia Don Pascual ha ricordato come l’Avvento sia un tempo atto a sviluppare il desiderio e la nostalgia di Dio per essere pienamente felici. La vita va vissuta come se fosse sempre Avvento, fedeli alla Parola di Dio, l’unica capace di riempire di speranza la nostra esistenza, una speranza che viene solo da Dio. Si tratta di scommettere sul bene, sul giusto, sul bello, fondando tutto in Dio, perché le speranze non si trasformino in delusioni. Ai giovani ha detto con forza: “Dovete credere nelle forze del bene e costruire il mondo che volete con scelte coraggiose, senza lagnarsi, creando rapporti nuovi, consapevoli che il male si vince con il bene”. Dopo la Messa, Don Chavez si è recato a pranzo presso la comunità del San Francesco di Sales e i giovani hanno continuato la festa con il pranzo a sacco condiviso e con gli stand di animazione (danza, balli, musica), di riflessione (missionari età, tossicodipendenze,affettività), spirituali (adorazione, confessioni), e le attività sportive. La festa si è conclusa con un’intervista speciale al Rettor Maggiore, fatta attraverso delle immagini proiettate e con la foto di gruppo con tutti coloro che hanno dato vita ad un evento così speciale e – come dicevano alcuni ragazzi sulla via del ritorno – “che resterà indelebile nel nostro cuore salesiano”.
DB News - Marco Pappalardo
Festa Giovani con il Rettor Maggiore
Questa festa sarà preparata per tutti da un'équipe di giovani animatori che daranno anima e corpo nella gestione della giornata, nell'allestimento degli ambienti, nell'animazione; il tutto con spirito di servizio e sacrificio, perché per ciascuno dei partecipanti sia una giornata da ricordare.
Vi aspettiamo numerosissimi per vivere insieme questa giornata di gioia e festa!
manifesto.zip | |
File Size: | 606 kb |
File Type: | zip |
programma_28_novembre.zip | |
File Size: | 25 kb |
File Type: | zip |
programma_29_novembre.zip | |
File Size: | 31 kb |
File Type: | zip |
I Salesiani celebrano i 150 anni dalla fondazione
Nata ufficialmente il 18 dicembre 1859 a Torino, la Congregazione salesiana è oggi presente in 129 Nazioni con 16.092 salesiani (10.669 sacerdoti, 2.025 coadiutori, 2.765 seminaristi, 515 novizi, 118 Vescovi, dei quali 5 Cardinali).
L'anniversario ricorda il raduno avvenuto il 18 dicembre 1859 nella camera di Don Bosco, presso l'Oratorio di San Francesco di Sales a Valdocco, dove 18 giovani, secondo quanto riportato nello storico verbale, decisero "di erigersi in Società o Congregazione che, avendo di mira il vicendevole aiuto per la santificazione propria, si proponessero di promuovere la gloria di Dio e la salute delle anime, specialmente delle più bisognose di istruzione e di educazione".
Il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Pascual Chávez Villanueva, nella lettera di indizione del 150°, indirizzata a tutti i Salesiani del mondo, ha definito il 2009 "un anno di grazia" che deve aiutare i figli di Don Bosco a ricordare le proprie origini e le mete alle quali sono chiamati.
L'"anno di grazia" sarà caratterizzato anche dal pellegrinaggio dell'urna contenente una reliquia di Don Bosco che percorrerà le diverse Nazioni in cui sono presenti i Salesiani. L'itinerario avrà inizio nel mese di luglio di quest'anno a cominciare dal Cile e si concluderà nel 2015, anno in cui si celebra il bicentenario della nascita di Don Bosco.
Ciao Don Antonio
Sabato 18 luglio, appresa la delicata situazione di salute in cui don Domenech si trovava, Don Pascual Chávez e don Adriano Bregolin si sono recati appositamente a Barcellona e, dopo aver salutato i parenti, hanno celebrato l’Eucaristia nella sua stanza. Don Domenech ha partecipato alle preghiere con un filo di voce. Al termine il Rettor Maggiore ha impartito la benedizione di Maria Ausiliatrice.
Parlando con i parenti e i salesiani presenti, Don Chávez, visibilmente commosso, ha esaltato in don Domenech le sue qualità umane, come la dedizione al lavoro e l’austerità della vita, quelle cristiane e quelle salesiane, espresse con una profonda fedeltà alla Congregazione.
Nell’estate 2005, al termine dei lavori del Consiglio generale, in seguito ad un malore e agli accertamenti medici, fu diagnosticato a don Domenech una grave malattia. Operato a metà agosto, don Domenech, ha continuato a dedicarsi alla sua missione nonostante il progredire della malattia e l’alternarsi di momenti di serenità e di altri di sofferenza.
I funerali saranno celebrati domani, 21 luglio, a Barcellona-Sarria. Il Rettor Maggiore e il Consiglio Generale saranno rappresentanti da don Fabio Attard, successore di don Domenech nella guida del Dicastero per la Pastorale Giovanile, don José Miguel Núñez Moreno, Consigliere per l’Europa Ovest, e don Pier fausto Frisoli, Consigliere per l’Italia e il Medio Oriente.
Sul sito sdb.org, nella sezione Agorà, è stata aperta una pagina dove far pervenire i messaggi di cordoglio.
Appuntamenti MGS Luglio/Agosto 2009
16 luglio/2 agosto Cammarata campo lavoro (giovani)
22 luglio/7 agosto Librino campo lavoro (giovani)
29 luglio/12 agosto Santa Chiara campo lavoro (giovani)
31 luglio/3 agosto Esercizi Spirituali Cooperatori Salesiani
9 agosto Pedara MGS: Buon compleanno "papà"(giovani e veterani)
9/13 agosto Acireale San Benedetto, MGS: campo Biblico (giovani) iscrizioni entro 2 agosto
25/28 Agosto San Gregorio/Acireale MGS Campo Animatori (adolescenti), iscrizioni entro 25 luglio
3/9 settembre Torino Pellegrinaggio MGS (giovani e adoelscenti) iscrizioni entro 20 luglio
(fonte MGS Sicilia)
Carità e Verità sono la base dello sviluppo dei popoli»
E' quanto ha sottolineato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio GIustizia e Pace, presentando questa mattina alla stampa il testo dell'enciclica "sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità". Martino ha anche sottolineato la continuità con la Populorum Progressio di Paolo VI di cui originalmente avrebbe dovuto essere la commemorazione a 40 anni dalla pubblicazione. La redazione della "Caritas in veritate" ha richiesto più tempo del previsto e non ha potuto dunque essere pubblicata nel 2007, ma la nuova enciclica si presenta comunque come un approfondimento e allargamento della Populorum Progressio.
Il cardinal Martino giustifica la nuova enciclica con i profondi cambiamenti avvenuti nel mondo dopo l'ultima encilica sociale di Giovanni Paolo II, la "Centesimus Annus", di 20 anni fa.
Quanto alle novità dell'enciclica, esse sono state sottolineate da mons. Giampaolo Crepaldi, segretario uscente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e arcivescovo eletto di Trieste, secondo cui il punto di vista sintetico assunto dall'enciclica è che "il ricevere precede il fare". Vale a dire che "bisogna convertirsi a vedere l'economia e il lavoro, la famiglia e la comunità, la legge naturale posta in noi ed il creato posto davanti a noi e per noi come una chiamata - la parola 'vocazione' ricorre spesso nell'enciclica - ad una assunzione solidale di responsabilità per il bene comune". Per questo il più grande aiuto che la Chiesa può dare allo sviluppo è l'annuncio di Cristo".
Altra novità fondamentale è che "i due fondamentali diritti alla vita e alla libertà religiosa trovano per la prima volta una esplicita e corposa collocazione in una enciclica sociale", ha detto Crepaldi, che ha poi aggiunto: "Nella Caritas in veritate la cosiddetta questione antropologica diventa a pieno tiolo questione sociale. La procreazione e la sessualità, l'aborto e l'eutanasia, le manipolazioni dell'identità umana e la selezione eugenetica sono valutati come problemi sociali di primaria importanza che, se gestiti secondo una logica di pura produzione, deturpano la sensibilità sociale, minano il senso della legge, corrodono la famiglia e rendono difficile l'accoglienza del debole".
L'altro tema nuovo dell'enciclica, ha proseguito Crepaldi, "è l'ampia trattazione del problema della tecnica", che costituisce "la più grande sfida al principio della precedenza del ricevere sul fare".
enciclica.zip | |
File Size: | 381 kb |
File Type: | zip |
Messaggio del Rettor Maggiore ai giovani per Don Bosco
Carissimi giovani,
ho partecipato, l’estate scorsa, alla Giornata Mondiale della Gioventù in Australia. Era bello vedere tanti giovani provenienti da ogni parte del mondo, malgrado le distanze e le spese, appartenenti a gruppi diocesani, a gruppi animati da istituti religiosi o dai movimenti.
Il mio pensiero è corso spontaneamente alla grande avventura che aveva avuto inizio con Gesù di Nazareth. Dalle rive dell’oceano pensavo alle rive di un lago in un paese minuscolo e sconosciuto. Quelle rive racchiudevano il piccolo mondo di un gruppo di pescatori che conoscevano solo le acque del lago con le sue improvvise tempeste e i suoi lunghi e misteriosi silenzi, e che proprio sulle rive di quel lago incontrarono Gesù.
Affascinati da quell’uomo, lo seguiranno, lo ascolteranno, spesso non lo capiranno. Dubiteranno di lui fino all’ultimo e lo tradiranno. Alla fine, però, tutti si riconoscono nell’appassionata professione di fede di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!» (Gv 6,69). Si erano lasciati catturare dal suo amore totale e gratuito. Un amore più grande e più vero di ogni loro debolezza, di ogni loro tradimento. Così, quel piccolo seme è germogliato, è diventato un popolo grande che copre la faccia della terra: la Chiesa.
Ho avuto la gioia di incontrare anche i giovani del Movimento Giovanile Salesiano. Davanti a quelle migliaia di giovani entusiasti venne alla mia mente il ricordo del piccolo gruppo di giovani che in quella fredda sera del 18 dicembre 1859 si ritrovarono nella camera di Don Bosco per fare la scelta più importante della loro vita: restare con Don Bosco, donandosi totalmente al Signore. Così, in un modo semplice e dimesso, 150 anni fa, fu gettato un seme. Rivedo il giovane Cagliero che, una settimana prima di quella decisione, va su e giù per il cortile, incerto, confuso, pensando una cosa e poi pensandone un’altra, sino ad uscire con la frase: «Frate o non frate, io rimango con Don Bosco!». Rimase con Don Bosco, portando quel piccolo seme sino agli estremi confini della Patagonia. Una storia più grande di lui, più grande di quei giovani poveri ma generosi. Da quel piccolo seme nacquero i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Salesiani Cooperatori.
Una storia che è giunta fino a noi perché quel seme è diventato un grande albero: la Famiglia Salesiana.
Si, è vero, erano giovani poveri, limitati nella loro esperienza umana e culturale. Ma, in Don Bosco, essi avevano incontrato Gesù Cristo che li lanciò in una missione umanamente impossibile, una folle avventura: «Mi sarete testimoni fino ai confini della terra» (At 1,8). Anche a voi, giovani di questo inizio del terzo millennio, Gesù affida la missione che duemila anni fa consegnò ai suoi discepoli: «Ti mando ad annunciare il mio vangelo fino ai confini della terra. Vai con quell’amore e quella passione apostolica ed educativa che ha spinto Don Bosco a preferire sempre i giovani, i poveri, i popoli non ancora evangelizzati».
Non abbiate paura! Gesù Risorto vi assicura la forza, il dinamismo e la gioia che vengono dallo Spirito Santo. Con la forza dello Spirito la Chiesa compie la sua missione, rende presente Gesù oggi; lo stesso Spirito, che ha suscitato e formato Don Bosco, ha reso quel seme un albero bello e grande. Per continuare questa missione rivolgo a voi, cari giovani, il pressante invito a collaborare con il vostro entusiasmo e dinamismo giovanile a fare della Famiglia Salesiana un grande Movimento, vasto come il mondo, per la salvezza dei giovani.
Non siete solo i destinatari della missione salesiana, ma con la freschezza della vostra giovinezza siete il cuore pulsante di questo grande Movimento. Allora vi chiederete: «Ma che cosa dobbiamo fare, come possiamo rispondere alla missione che Gesù ci affida e come muoverci, concretamente, per evangelizzare ed educare i nostri compagni?».
Io sono certo che se saprete trovare spazio per la preghiera e mettervi in docile ascolto dello Spirito Santo, vi sarà sempre più chiaro come concretamente procedere in quest’opera così importante che è l’evangelizzazione e l’educazione vostra e dei vostri amici.
Ma qui vorrei, con molta semplicità, darvi qualche indicazione che affido alla vostra riflessione e al vostro cuore generoso.
Innanzitutto vi invito a promuovere un atteggiamento di fondo: la volontà di camminare insieme verso un traguardo condiviso, con un intenso spirito di comunione, con convinta volontà di sinergia, con matura capacità di progettare insieme. Abbiamo ricevuto il grande dono della Spiritualità Giovanile Salesiana, che costituisce la fonte della nostra comunione e il dinamismo della nostra missione e che dobbiamo approfondire e condividere sempre di più.
La nostra missione comune, il nostro traguardo condiviso, è il pianeta giovani. Per questo, carissimi, occorre essere dentro la realtà giovanile. Gesù vi invia insieme a tutto il Movimento Salesiano al mondo dei giovani d’oggi, con le sue ombre e le sue luci, con le sue angosce e le sue speranze, con i suoi slanci di gioia ma anche con le sue sofferenze, con la sua vita prorompente, ma anche con i suoi deserti dove nasce solo l’erba amara della solitudine. Penso al mondo della scuola, dell’Università, del lavoro; penso ai luoghi del tempo libero e del divertimento; penso, in particolare, alle zone disperate del disagio giovanile. Si tratta di essere attivamente presenti in tutti questi ambienti promuovendo una maggiore qualità di vita, una più intensa e profonda comunicazione e condivisione interpersonale per superare tanto individualismo e tanta solitudine in cui vivono molti giovani, testimoniando i valori positivi che danno senso e gusto alla vita e, soprattutto, facendo presente tra i giovani la persona di Gesù Cristo, fonte di piena umanità, di vita e di gioia.
Ecco un altro suggerimento: fare presente la voce dei giovani, in particolare di tanti giovani che non hanno voce e che nessuno ascolta; far conoscere i loro bisogni e le loro attese, difendere i loro diritti ed accompagnarli nelle loro rivendicazioni. Innanzitutto far presente questa voce dei giovani tra i vostri stessi compagni, che sovente non conoscono certe situazioni di emarginazione e di disagio; farla presente ai gruppi della Famiglia Salesiana. Come Domenico Savio che condusse Don Bosco presso il malato di peste che era rimasto isolato, così anche voi dovete prendere per mano la Famiglia Salesiana perché si prenda cura dei malati del nostro tempo. Se non andrete voi in questa realtà, tra i vostri coetanei, forse nessuno andrà al posto vostro.
Ma anche insieme, come Movimento, dovete essere la voce dei giovani davanti alla società e alla stessa Chiesa: promuovete con creatività iniziative che favoriscano la conoscenza dei loro problemi, delle loro situazioni di disagio, delle loro attese e speranze. Occorre far conoscere anche tante buone notizie di ciò che si fa nel mondo giovanile, tante iniziative positive che sovente non trovano spazio nei mezzi di comunicazione; facilitare in questo modo una visione positiva del mondo dei giovani tra gli adulti, contagiandoli con il vostro entusiasmo e dinamismo.
Siamo chiamati ad andare insieme nel cuore della vita, accettando le sfide della complessità culturale e sociale. La famiglia, la scuola, la comunicazione sociale, la cultura, la politica, richiedono nuove forme di solidarietà. La risposta si manifesta nella cittadinanza attiva per il bene comune che, per la Famiglia Salesiana, significa promuovere un impegno condiviso attorno alle grandi sfide della vita, della povertà nelle diverse sue espressioni, dell’evangelizzazione, della pace, dei diritti umani. Per voi, giovani, il volontariato civile, sociale e missionario, costituisce una possibile vocazione significativa e di grande impegno che come Movimento dovete promuovere.
Un altro campo da condividere come Movimento è l’impegno missionario. In questi ultimi anni nelle spedizioni missionarie sono sempre presenti alcuni giovani che offrono alcuni anni della loro vita per l’estensione del Vangelo; ma anche nei vostri paesi potete costituire reti di collaborazione e di appoggio che sostengano l’impegno missionario della Famiglia Salesiana e della Chiesa.
Siate pronti, disponibili a fare scelte di servizio esigenti, generosi fino all’accoglienza del dono di Dio che chiama con una vocazione di speciale consacrazione.
Irrobustite il vostro stesso Movimento Giovanile Salesiano promuovendo l’incontro e la conoscenza tra i diversi gruppi esistenti in una stessa opera salesiana o in uno stesso territorio, favorendo la condivisione di iniziative e sussidi, la collaborazione in progetti condivisi al servizio delle grandi cause della vita e della solidarietà. Aprite il MGS agli altri Movimenti della Chiesa locale, collaborate con istituzioni e organismi della società civile, soprattutto quelli che lavorano tra i giovani e nel settore del disagio giovanile. Date visibilità ecclesiale e sociale alla presenza salesiana, come Movimento, partecipando a progetti condivisi, offrendo le vostre risorse e possibilità per appoggiare iniziative a favore dei giovani, favorire collaborazioni molteplici, agili, convergenti, rinnovabili…
Ed ecco un’ultima indicazione che mi sembra importante suggerirvi. Il Movimento Salesiano è nato dal cuore apostolico di Don Bosco, infiammato dalla carità per la salvezza dei giovani. Per questo costruiremo Movimento Salesiano se saremo presenti nella realtà giovanile con il cuore ancorato a Cristo. Siamo chiamati a modellare il nostro cuore, povero e talora anche peccatore, su quello di Gesù, nel quale Dio si è manifestato al mondo come Colui che dà la vita, perché l’uomo sia felice e abbia la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Occorre una fede sempre più robusta, che si alimenta della Parola di Dio e dell’Eucaristia, che si immerge spesso nell’oceano della misericordia di Dio e che scopre sempre più com’è bello e importante lasciarsi aiutare da una guida spirituale.
Seguendo cammini di approfondimento spirituale e di formazione pastorale potremo adempiere la nostra missione comune, che è l’educazione cristiana e l’orientamento del giovane nella vita.
Ecco l’interpellanza rivolta dal Papa ai giovani nella scorsa Giornata Mondiale di Sidney; diceva: «Cari giovani, permettetemi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati, la forza che lo Spirito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete?» (Omelia dell’Eucaristia finale nell’Ippodromo di Randwick il 20 luglio 2008).
Mettiamoci in cammino con speranza: «Avrete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). Carissimi giovani, queste parole di Gesù sono per ciascuno di voi. Non lo dimenticate mai! Gesù Risorto apre ad ognuno di voi questi grandi orizzonti, addita anche a voi i confini della terra. Confini che cominciano qui ed ora, nei vostri paesi, nelle vostre città dove la Provvidenza vi ha collocati. Formiamo parte di una grande Famiglia nata dal cuore di Don Bosco e cresciuta con il dono di Maria Mazzarello e di tutti i Santi e Sante che l’hanno vivificata, in modo speciale i santi giovani, Domenico Savio, Laura Vicuña, Zeffirino Namuncurá, i cinque giovani martiri dell’Oratorio di Poznań, e tanti altri. Il Signore oggi chiama noi a continuare questa bella avventura per il bene e la salvezza dei giovani.
Maria, che è stata la Madre e la Maestra di Don Bosco, non può lasciarci soli in questo cammino. Ella è anche per noi Madre e Maestra, che ci apre a Cristo e ai giovani, perché possiamo costruire al servizio dei giovani più poveri un Movimento di salvezza e di vita piena.
Nella solennità di San Giovanni Bosco
Don Pascual Chávez Villanueva
Torino – 31 gennaio 2009
Strenna 2009
Impegniamoci a fare della Famiglia Salesiana un vasto movimento di persone per la salvezza dei giovani
"Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami"
(Mt 13, 31-32)
150º anniversario di fondazione della Congregazione Salesiana.
La Famiglia Salesiana ieri ed oggi: il seme è diventato un albero e l’albero un bosco
strennacommento_2009.zip | |
File Size: | 26 kb |
File Type: | zip |
Il Musical su Don Bosco in Sicilia
Dal 15 al 18 Febbraio nella nostra regione ci sarà il nuovissimo Musical su Don Bosco che sta avendo grande successo in tutti i teatri d'Italia.
Con Marcello Cirillo, Regia Piero Castellacci.
Confronto Giovani MGS
"CittadinanzAttiva"
9-11 Gennaio 2009 Zafferana Etnea (CT).
Dopo un anno di sosta l'MGS Sicilia ripropone il Confronto per tutti i Giovani dai 18 anni in sù.
Per info visitate il sito www.mgssicilia.it
MGS Sicilia: il sito.
Il nuovo sito del Movimento Giovanile Salesiano di Sicilia è finalmente on line...
All'interno gli appuntamenti, la storia, rubriche e notizie interessanti...
Visitatelo!!!
DON BOSCO: il Musical
Il 18 ottobre 2008 ha debuttato a Roma il nuovo lavoro del regista Piero Castellacci sulla vita di Don Bosco.
Il Musical vuole prendere spunto da alcuni momenti particolarmente suggestivi della vita del Santo, narrando con semplicità una storia straordinaria e unica.
Info: http://www.donboscoilmusical.it/
Giornata Mondiale della Gioventù
Questo tempo, che ci trova impegnati nella conclusione dell’anno, è anche un tempo per la pianificazione delle proposte estive. L’estate del 2008 è caratterizzata da un grande evento ecclesiale, la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù.
Sappiamo che la partecipazione alle GMG è sempre stata un evento portante della PG delle nostre ispettorie, ma la distanza, il costo e il periodo (durante le attività oratoriane dei Grest) limitano moltissimo la partecipazione dei nostri adolescenti e giovani all’esperienza di Sidney.
Pertanto invitiamo tutte le comunità ad inserire anche nel calendario estivo questa esperienza che l’ambito di pastorale (FMA ed SDB) con la consulta regionale del Movimento Giovanile Salesiano ha pensato, per far vivere a tutti i nostri adolescenti e giovani una forte esperienza ecclesiale e gli stessi eventi che caratterizzano la GMG. Tale esperienza prepara anche alla proposta dell’anno prossimo (III anno dell’Agorà dei giovani).
SCARICA IL PROGRAMMA:
Prega Maria Ausiliatrice per la Cina
“Carissimi Pastori e fedeli tutti, il giorno 24 maggio è dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, la quale è venerata con tanta devozione nel santuario mariano di Sheshan a Shanghai [...].
Desidero che quella data sia per voi una giornata di preghiera per la Chiesa in Cina. Vi esorto a celebrarla rinnovando la vostra comunione di fede in Gesù Nostro Signore e di fedeltà al Papa, pregando affinché l'unità tra di voi sia sempre più profonda e visibile. [...]
Nella medesima Giornata i cattolici nel mondo intero — in particolare quelli che sono di origine cinese — mostreranno la loro fraterna solidarietà e sollecitudine per voi, chiedendo al Signore della storia il dono della perseveranza nella testimonianza. [...]”.
PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE
Vergine santa, Ausiliatrice,
Madre di Cristo, Patrona e Avvocata della Cina,
intercedi per la Chiesa, per il Popolo e la Gioventù Cinese
alla tua cura materna affidati.
Infondi in tutti
il desiderio di conoscere il disegno di amore del Padre,
il coraggio di accogliere il Vangelo di Cristo,
la volontà di crescere nello Spirito Santo.
Allontana dai tuoi figli ogni tipo di male.
Difendili dai pericoli del materialismo
e dell’indifferenza religiosa.
Suscita tra di essi vocazioni sante,
fedeli al servizio del Regno di Dio.
Anche a noi, che attendiamo con fiducia
i miracoli previsti dal nostro padre Don Bosco,
dona la stessa sua fede,
la sua passione e la sua sete per le anime;
rendici fedeli al nostro carisma
e all’opzione in favore della gioventù povera e abbandonata.
Dacci il coraggio di sognare,
audacia nell’intraprendere,
saggezza nell’agire con amore,
perseveranza nel donarci totalmente alla missione,
e una purezza di vita che rispecchi la tua.
Tu, che a Cana affrettasti il tempo del tuo Figlio,
esercita con premura la tua materna intercessione
ed affretta per il tuo popolo l’aprirsi di nuovi orizzonti
di libertà, di pace e d’ascolto del tuo Figlio.
Concludo assicurandovi un ricordo speciale nella Solennità di Maria Ausiliatrice, nella sua Basilica, a Valdocco. Lei continui ad esserci madre e maestra, come lo fu per Don Bosco.
Roma, 11 maggio 2008
Don Pascual Chávez Villanueva
Rettor Maggiore
Tu sei prezioso ai miei occhi
Confermato Don P. Chavez Rettor Maggiore dei Salesiani
(ANS – Roma) – Questa mattina, 24 amrzo, i membri del Capitolo Generale 26 hanno confermato, al primo scrutinio, Don Pascual Chávez Villanueva come Rettor Maggiore dei Salesiani per il sessennio 2008-2014.
Nel suo primo sessennio Don Chávez ha sentito forte il bisogno di portare il carisma salesiano a livelli spirituali sempre più autentici e l’impegno salesiano sulle frontiere più bisognose della attuale società e cultura. Molto apprezzate le sue Lettere Circolari nelle quali, alternate a quelle di presentazione delle regioni in cui è suddivisa la Congregazione, ha offerto percorsi di riflessione e di approfondimento sui temi della santità, Parola di Dio e Vita Religiosa.
Documenti correlati
RMG – Don Bregolin confermato Vicario del Rettor Maggiore RMG – CG26: Accolgo di nuovo l’espressione della volontà di Dio .
Centenario Madre Morano
Le celebrazioni conclusive del centenario di Madre Morano, alle quali prenderà parte anche Madre Antonia Colombo, sono previste nei giorni dal 26 al 30 marzo prossimi. Per il 26 è prevista l’inaugurazione della Mostra Fotografica e una tavola rotonda dal tema “Dall’eredità di Maddalena Morano alle nuove sfide educative in Sicilia”con interventi di suor Grazia Lo Parco, Le sfide e le opere educative di Maddalena Morano in Sicilia, Santo di Nuovo, Le emergenze educative oggi in Sicilia, suor Giuseppina Barbanti, Orientamenti e scelte socio-educative oggi. La tavola rotonda sarà arricchita da testimonianze dal mondo dell’immigrazione e del volontariato e sull’emergenza donna e sarà trasmessa in diretta dalla web radio dell’ispettoria siciliana Madre Morano (ISI) Radio for you (www.radioforyou.pcn.net). Il 29 marzo è prevista una veglia di preghiera presso il Santuario Maria SS.ma dell’Aiuto di Catania, il 30 invece ci sarà la festa della Famiglia salesiana della Sicilia, con il Trasferimento della reliquia della Beata Maddalena Morano dal Santuario Maria SS. dell’Aiuto alla Cattedrale e la solenne celebrazione eucaristica Presiededuta da S. E. Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo della Diocesi di Catania più lo scoprimento di una targa ricordo nel cortile Madre Morano presso la Casa Ispettoriale fma.
CIAO CHIARA!
ROMA - Chiara Lubich, la fondatrice del Moviemnto dei Focolari, ha concluso a 88 anni il suo viaggio terreno il 14 marzo 2008.
C’era una volta una donna. Cattolica. Laica.
C’era una volta una donna che amò Cristo al punto da dedicargli l’intera esistenza.
C’era una volta una donna che riuscì a vedere Lui in chiunque gli stesse davanti.
C’era una volta una donna che credeva nell’unità vera e nella forza mistica del dolore.
C’era una volta una donna che scelse di non avere figli, ma generò un popolo.
C’era una volta una donna, cattolica, laica, che seppe abbracciare monache e monaci buddisti e comunità musulmane e comunità ebraiche.
C’era una volta una donna che ebbe un sogno e riuscì a realizzarlo.
Quel sogno vive. E lei vive in lui.
Ciao, Chiara.
Il sogno dei nove anni (dalla Strenna 2008)
AUGURI DON CHAVEZ!
(ANS – Roma) – Il mondo salesiano si stringe attorno a Don Pascual Chávez, Rettor Maggiore dei Salesiani, nel giorno del suo 60esimo compleanno.
“Innalzo la mia lode al Signore per i tre grandi doni con cui mi ha arricchito: la Vita, la Fede, la Vocazione Salesiana. – ha dichiarato Don Chávez - Da parte mia non ho altro desiderio se non quello di rispondere alla bontà del Signore consegnandomi totalmente a Lui nel servizio a coloro che mi ha affidato: la Congregazione, la Famiglia Salesiana e i Giovani”.
L’avvenimento sarà celebrato con semplicità presso la Generalizia in via della Pisana dove alle 12.00 Don Chávez presiederà l’Eucaristia. Saranno presenti, oltre i confratelli della comunità, anche Madre Antonia Colombo, Superiora delle FMA, e i confratelli della comunità salesiana del Vaticano e delle Ispettorie vicine.
«Questa è la volontà di Dio,
la vostra santificazione».
OMELIA DEL RETTOR MAGGIORE A LORETO PER I GIOVANI DEL MGS ITALIA
Carissimi giovani,
ci siamo recati alla Casa di Maria, la Casa della Madre di Gesù e madre nostra, dove tutto traspira un profondo senso del mistero di quanto qui è accaduto: l’Incarnazione del Figlio di Dio. Lo facciamo con un atteggiamento di gratitudine a Dio perchè ha voluto condividere fino in fondo la nostra natura e condizione umana in Gesù, perché ha fatto della sua carne umana sacramento di rivelazione dell’Amore di Dio nel suo corpo spezzato per noi e nel suo sangue versato per i nostri peccati e per la redenzione del Mondo. Gratitudine a Maria perché ha ascoltato a Dio e ha accolto con la mente, con il cuore e con il suo grembo la Parola di Dio, e perché ci ha accettati come figli suoi.
Qui, a casa sua, nella sua scuola, vogliamo appunto imparare a vivere nell’ascolto di Dio, saldamente incentrati su di Lui per una piena conformazione al Suo Figlio, facendo nostri il suo programma di santità e felicità nelle beatitudini e anche il suo cammino della croce per raggiungere la pienezza di vita.
La parola di Dio che abbiamo appena sentita ci parla della nostra vocazione alla santità e della forma di raggiungerla, vale a dire, la carità attenta, vigile ed operativa. E’ la Parola con cui Dio ci parla, oggi e qui, e non poteva essere più attuale.
Infatti, nella prima lettura, presa della 1ª Lettera ai Tessalonicesi, dopo aver ricordato il passato, ringraziando Dio per tutto quanto ha voluto operare nella comunità, ora Paolo guarda al futuro, ricorrendo soprattutto al linguaggio dell’esortazione.
La ‘santificazione’ di cui si parla in questo brano è precisamente il processo che ha come risultato finale la ‘santificazione’ vera e propria. Ci troviamo cioè nella definizione di un’attività ancora in pieno svolgimento, in cui concorrono da un lato l’impegno e la libera adesione del credente e, dall’altro, l’opera dello Spirito Santo che interviene come plasmando la creatura a immagine di Dio. Tutto ciò avviene nel «corpo» dell’uomo, è iscritto nella sua carne, parla il linguaggio che gli appartiene sin dalla creazione.
Il santo, dunque, non è uno che vive fuori dalla realtà terrena, in una dimensione immateriale. Piuttosto egli prende su di sé, giorno per giorno, la volontà di Dio, facendo aderire ad essa tutta la propria vita. Il tema della ‘fornicazione’riguarda tutto ciò che ha a che fare con le passioni carnali in campo sessuale; si tratta perciò di qualcosa di molto concreto su cui il cristiano è chiamato a fare una scelta che va controcorrente, secondo la mentalità del tempo, e a custodire il corpo come un dono ricevuto da Dio, preparandolo sin d’ora a ricevere in pienezza lo Spirito Santo nella vita eterna.
Anche la parabola raccontata da Gesù nel Vangelo di Matteo si svolge attorno al tema della vigilanza, com’è confermato dal richiamo finale: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora». Essa, tuttavia, nel suo procedimento narrativo, contiene delle particolarità che la rendono unica.
Anzitutto lo scenario nuziale: la festa per eccellenza, nell’Oriente antico, è quella che si celebra in occasione delle nozze, quando ogni cosa deve concorrere a comunicare il linguaggio della gioia e della vita. Il banchetto, le luci, gli abiti, la musica, le danze e, non ultimo, il corteo nuziale che accompagna lo sposo lungo la strada: tutto è a servizio degli sposi, per il loro onore. Sappiamo dal vangelo che la mancanza di vino (cfr. l’episodio delle nozze di Cana: Gv 2,1ss.) poteva rappresentare un grave motivo di vergogna e di biasimo per la famiglia appena costituita, come a dire che essa non era in grado di occupare il posto assegnatole nella comunità.
Normalmente, poteva accadere che lo sposo tardasse anche di molto. Per come vanno le cose in queste occasioni in Oriente non è possibile prevedere con certezza un tempo per la venuta, perciò era giustificabile l’assopirsi dopo ore e ore di attesa sulla strada, ma il fuoco delle lampade doveva essere tenuto acceso per andare incontro allo sposo in qualunque momento la sua presenza fosse segnalata. Soltanto le fanciulle previdenti saranno pronte al momento opportuno, mentre le altre, vedendo languire la luce delle loro lampade, non potranno far altro che andare alla ricerca di nuovo olio, in un ultimo disperato tentativo... ma inutilmente!
Giunge lo sposo, si forma il corteo, entra al banchetto, la porta si chiude. Il pianto delle uniche escluse ottiene come risposta un «Non vi conosco», espressione che sottolinea la distanza, l’interruzione dei rapporti, la non comunione tra esse e lo sposo. Il messaggio è chiaro, a niente serve nemmeno la verginità come segno di donazione totale se non esiste l’amore.
Quello che viene messo in gioco in una cerimonia nuziale è in qualche modo l’equilibrio di una intera società, la società tradizionale, con la sua divisione e il rispetto di ruoli assegnati da sempre. Ecco perché le fanciulle del corteo nuziale che ebbero dimenticato l’olio di scorta per le lanterne sono dette «stolte»: hanno dimenticato la posta in gioco, hanno disprezzato il senso della attesa e dello stare insieme!
Anche per il cristiano è forte il rischio di perdere di vista la meta, lo scopo del cammino: la ricerca affannosa del successo, le cose da possedere, passioni da soddisfare, tutto ciò che attrae la «nostra carne» ci distrae e ci induce in un sonno profondo dell’anima. Abbiamo dimenticato che la vita è attesa, che dobbiamo vegliare sulle nostre lampade, perché la posta in gioco è la nostra santificazione, la salvezza definitiva. Dimenticarlo significa disprezzare Dio stesso (cfr. 1 Ts 4,8).
Con lo spirito siamo chiamati a individuare la meta: Gesù. Con la mente siamo chiamati a prevedere il necessario per l’attesa, ovvero l’olio ardente dell’amore. Con il corpo siamo chiamati ad attuare nel presente la vigilanza, nella rinuncia a gesti, parole, immagini che ci fanno dimenticare chi siamo, dove stiamo andando. La santità è vivere il momento presente come se fosse l’ultimo, l’attimo in cui lo sposo arriverà. E’ andargli incontro, in una corsa che dura tutta la vita.
Ecco la santità cui siamo chiamati! Ecco la missione affidata ai giovani da Giovanni Paolo II d’essere i santi del nuovo millennio! Ecco quanto siamo chiamati a dare come contributo il più prezioso a questa Italia e a questa Europa.
Preghiamo Maria, ci ottenga la grazia di saper essere pronti per il Signore, come fanciulle che aspettano di partecipare alla festa della loro vita. Nessuno di noi vuole mancare all’appuntamento.
Maria, madre e maestra nostra, insegnaci ad essere vigilanti, all’ascolto dello Sposo che viene, a sperare e ad attenderlo, con le lampade accese e i vasi pieni di olio.
Don Pascual Chávez Villanueva, SDB
Loreto – Agorà del MGS Italia 2007
Don Chavez, Rettor Maggiore dei Salesiani, a colloquio con i giovani all'Agorà del MGS Italia
discorso_ai_giovani_del_mgs.asx | |
File Size: | 0 kb |
File Type: | .asx |
Risposte del Rettor Maggiore ai giovani del MGS.asx | |
File Size: | 0 kb |
File Type: | .asx |